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Un conto è la giusta rivalutazione storica (contro i pregiudizi e gli odi politici del passato) dei non pochi meriti della plurisecolare e cattolica monarchia asburgica, fortezza insuperabile per l'invasore ottomano, nemico implacabile della nostra fede e civiltà; artefice e protettrice della civiltà mitteleuropea educatrice di popoli; altro conto, lasciarsi andare ad esaltazioni ed eulogie che sfociano nel mito, con il risultato di proporre modelli politici "sacrali" e "imperiali" del tutto irripetibili e illusori quanto alla fondazione di uno Stato ispirato agli autentici valori cristiani, unica speranza di rinascita per la nostra decadente società. Intendere il tragico, apocalittico susseguirsi del secolo che va dal 1918 al 2018 unicamente quale conseguenza della caduta, nel 1918, dell'impero asburgico, come se fosse stato ancora all'epoca il fulcro dell'equilibrio continentale (costituito invece dalla Germania guglielmina) e proprio per la sua qualità di intatto Stato cattolico, qualità invece compromessa dal generale processo di secolarizzazione, pervadente anche l'impero austro-ungherese - ciò significa interpretare i fatti secondo mezze verità che comportano, alla fine, la loro sostanziale deformazione.